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Il parto: un'esperienza da condividere tra gioia e dolore

Stavo dormendo sul divano quando ho realizzato quello che stava succedendo, mi si erano rotte le acque e un’onda di felicità mi ha attraversato tutto il corpo.
La gravidanza per me è stata una montagna russa continua tra dolori e gioie e non vedevo l’ora che quella condizione finisse.

Il parto: un'esperienza da condividere tra gioia e dolore

Non sono mai stata brava nelle attese e la gravidanza, diciamo che mi ha messo a dura prova. Gambe come zampogne, caldo tropicale e altri inconvenienti hanno complicato poi la situazione.
Comunque nella mia testa il traguardo quella notte era finalmente arrivato. Avrei conosciuto il mio piccolino, non vedevo l’ora di stringerlo tra le mie braccia.
Sistemiamo il cane dalla vicina, doccia veloce prendiamo la valigia e sfrecciamo verso l’ospedale cantando a squarciagola …
Arriviamo e saliamo in reparto.
Matteo il mio compagno aspetta fuori. Monitoraggio e zero contrazioni.
Era circa mezzanotte e mi ricoverano dicendomi di salutare Matteo e mettermi a dormire perché non sarebbe successo niente da lì a poche ore.
La delusione nei miei occhi e nel cuore.. ancora attesa e per di più da sola in ospedale. Un luogo di brutti ricordi in cui non sto volentieri. Penso dentro di me: “lo faccio per te amore mio” mentre mi accarezzo la pancia e vado in camera sconfortata.
Passo la notte insonne, tra i neonati che piangono e la mia testa che non smette di frullare e il cuore di battere dalla paura. Finalmente arriva la mattina e qualche contrazione preparatoria, mi monitorano e visitano un paio di volte ma ancora niente.
Pensieri negativi, ansia e scoramento insieme alle contrazioni mi sfogano nel pianto. In quel momento davanti alla mia camera passa un’ostetrica che si ferma alla porta e inizia a inveirmi contro: “Cosa piangi? Fra poco diventi madre. Ti pare il caso di piangere? Non ti ha mai detto nessuno che si partorisce con dolore? “
Rimango di pietra ma con una forza che mi sorprendo di avere le dico: “ mi può dire che fastidio le sto dando? Ho bisogno di sfogare le mie emozioni in qualche modo. Lo sto facendo nella mia stanza, nessuno le ha chiesto niente”.
“Non c’è bisogno di trattare male io sto facendo solo il mio lavoro.” Dice lei. “Ora ti preparo la doccia così ti metti lì sotto e puoi piangere quanto vuoi”. Avrei voluto urlare e ribellarmi invece prendo il mio accappatoio e mi metto sotto la doccia pensando solo al mio piccolo sperando di poterlo vedere il prima possibile.
Finalmente dopo la doccia mi dilato e mi trasferiscono in sala travaglio. Con Matteo al mio fianco chiedo subito la partoanalgesia e mi riposo per un’ora.
Sono le 18 di lunedì e passeranno altre dodici ore di travaglio prima di vedere il mio bambino.
Quel tempo ho come la sensazione che non sia esistito, una specie di mondo parallelo dove il mio corpo ha assunto un’altro significato.
Quel corpo è stato un generatore di vita.
Massimo è nato alle sei della mattina di martedì con parto vaginale operativo.
Mi hanno praticato l’episiotomia, mi sono salite sopra la pancia e hanno utilizzato la ventosa.
Quando tutto è finito, dentro di me si è spezzato qualcosa. Il mio corpo era lacerato e sofferente.
Guardo Matteo e lui piangendo mi dice che Massimo sta bene, che ha i miei occhi.
Non riesco a piangere, non riesco a fare niente, sono esausta.
Me lo portano finalmente. Ha la pelle bluastra e la testa allungata, ha sofferto anche lui.
Ricordo esattamente quando ho sentito la sua pelle sulla mia. L’ho accarezzato piano e l’ho aiutato a trovare il seno a cui subito si è attaccato. Siamo stati lì per non so quanto tempo noi tre abbracciati. Era finito il dolore e nello stesso momento era iniziata la nostra vita insieme.

Questa è la mia storia. Il mio parto. Un estratto tra un prima e un dopo che avevo necessità di raccontare perché sia in gravidanza che nel post partum non sempre ho potuto raccontare le mie reali sensazioni ed emozioni.
Molto spesso, infatti, ho notato che il mio racconto non sempre dalle note positive non fosse gradito ai miei interlocutori come se non fosse concessa la verità ma solo la narrazione fantastica che ci viene data della gravidanza. Sono grata a tutte quelle donne coraggiose che oggi invece escono allo scoperto e parlano di ogni aspetto di questo momento così delicato, normalizzando anche i sentimenti e le sensazioni negative senza per questo essere meno grate o felici di diventare madri.
Vorrei che parlare di gravidanza e di post partum con franchezza e senza vergogna ci riconnetta come donne perché ogni esperienza bella, o meno bella può aiutare un’altra donna a sentirsi meno sola, meno in colpa, meno strana o ansiosa.
Mi piacerebbe creare una catena di storie, al cui centro ci siamo noi. Vorrei sentirmi vicino e sostenere tutte le donne e ogni storia meravigliosa o drammatica dell’ avere o non avere figli e delle battaglie che dobbiamo affrontare.
Vorrei che le nostre storie siano di conforto e di vicinanza. Vorrei che stimolassero le coscienze per un cambiamento verso una maggiore attenzione e umanità e sorveglianza rispetto fenomeni di violenza e mancata assistenza.
Vorrei raccogliere le vostre storie e custodirle come un tesoro immenso e metterle al servizio di tutte le donne.

di Agnese De Santis

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